QUALCHE INFORMAZIONE LEALE SULLA VITAMINA D

Il portale della epidemiologia per la sanità pubblica” a cura del Centro nazionale per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute dell’Istituto superiore di sanità (http://www.epicentro.iss.it/problemi/vitamine/vitamine.asp).

Cosa sono le vitamine?

Le vitamine sono un insieme molto eterogeneo di sostanze chimiche, normalmente necessarie in minime quantità per i fabbisogni dell’organismo, nel quale regolano una serie di reazioni metaboliche, spesso funzionando come coenzimi. La carenza di vitamine, che è solitamente definita ipovitaminosi quando la vitamina è presente in quantità insufficienti nell’organismo e avitaminosi nei casi, molto più rari, in cui è totalmente assente, ha sintomi specifici a seconda del tipo di vitamina e può causare diversi disturbi o malattie. L’ipovitaminosi può dipendere da una insufficiente assunzione di vitamina con gli alimenti, da un aumentato fabbisogno, come avviene ad esempio in gravidanza, o dalla presenza di alterazioni intestinali che ne impediscono l’assorbimento, come nel caso di alcune patologie o di alcolismo cronico. Solitamente, la somministrazione di dosi di vitamina, tramite l’alimentazione o integratori specifici, è sufficiente a eliminare i sintomi. Raramente si può manifestare anche la condizione contraria, quella di ipervitaminosi, derivante soprattutto da un eccesso di assunzione di integratori.

Le vitamine si possono suddividere in due grandi gruppi:

idrosolubili: non accumulabili dall’organismo e quindi da assumere quotidianamente con l’alimentazione. Si tratta di tutte le vitamine del gruppo B, compreso l’acido folico, della vitamina H, PP e C.
liposolubili: vengono assorbite assieme ai grassi alimentari e accumulate nel fegato. La carenza si manifesta quindi in seguito a una mancata assunzione per tempi lunghi. Ne fanno parte la vitamina A, D, E e K.

Che cosa è la Vitamina D?

Esistono due forme di vitamina D: l’ergocalciferolo (vit.D2), assunto con il cibo, e il colecalciferolo (Vit.D3) sintetizzato dall’organismo. La vitamina D è un regolatore del metabolismo del calcio e favorisce dunque anche una corretta mineralizzazione dello scheletro. La maggior parte della vitamina D viene sintetizzata dall’organismo, per azione dei raggi del sole, a partire da derivati del colesterolo presenti nella pelle. La carenza di Vit.D comporta il rischio di rachitismo nei bambini, con conseguente deformazione delle ossa e arresto della crescita, e di osteomalacia negli adulti, una intensa forma di decalcificazione ossea.

Un eccesso di vitamina D, al contrario, può causare calcificazioni diffuse negli organi, contrazioni e spasmi muscolari, vomito, diarrea. La normale esposizione ai raggi del sole è sufficiente a coprire il fabbisogno di vitamina D negli adulti, e va quindi assunta solo durante la fase di accrescimento e durante la gravidanza e l’allattamento. In questi casi l’assunzione dovrebbe essere di 10µg al giorno come integratore, vista la scarsa presenza di vitamina D negli alimenti, con l’eccezione dell’olio di fegato di merluzzo.

Negli ultimi tempi si considera la vitamina D alla stregua di un ormone (sostanze chimiche prodotte in piccole quantità da tessuti specializzati, ghiandole endocrine, e trasportati dal sangue ad organi bersaglio sui quali agiscono regolandone le funzioni) steroideo (prodotti dalla corteccia surrenale e dalle ghiandole sessuali e derivano dal colesterolo). La Vit. D2 e la ViT. D3 sono formi inattive che vengono attivate a livello epatico e renale. (nota Brancati)

L’aumento della prevalenza e incidenza di ipovitaminosi D in Italia è segnalata da diversi studi epidemiologici specie negli anziani e nei mesi invernali. Si stima che l’86% delle donne italiane sopra i 70 anni presenti valori di vitamina D inferiori alla norma alla fine dell’inverno. Questo rilievo assume aspetti particolarmente allarmanti nei soggetti istituzionalizzati o con altre patologie concomitanti.

Le cause principali di carenza possono ricercarsi in:

invecchiamento della popolazione (il sistema enzimatico deputato alla sintesi di vitamina D diventa meno efficiente con l’invecchiamento, obesità, farmaci (tra questi i maggiori imputati sono i cortisonici), ridotto irraggiamento UVB per scarsa esposizione solare, uso di filtri solari,Inquinamento ambientale.

La dieta non consente di sopperire al deficit di produzione endogena di vitamina D, in quanto questa è presente in maniera significativa solo in pochi alimenti a prevalente elevato contenuto di grassi: olio di fegato di merluzzo e pesci grassi in particolare (sgombro, aringa, tonno, carpa, anguilla, pesce gatto, salmone, ostriche, gamberi, formaggi grassi, burro, tuorlo d’uovo, funghi, per i vegani unica fonte vegetale di vit. d, fegato).

Diagnosi di ipovitaminosi e il problema del cut-off 

La diagnosi di ipovitaminosi D si basa sul dosaggio del metabolita intermedio 25-OH vit.D, che è la forma circolante e più facilmente dosabile. Tuttavia non vige totale consenso sui valori di cut-off (valori limite) per definire una condizione di ipovitaminosi D.

Tale è la variabilità che non posso non posso non pensare ad una condizione che si chiama “Disease Mongering”. Un sistema ormai consolidato per creare malati “truccando” i valori di normalità. Sistema a cui si prestano, consapevolmente o meno, società scientifiche, riviste scientifiche, media.

E’ verosimile che valori di 25OHvitamina D inferiori a 20 ng/ml, rappresentino un rischio per la salute scheletrica, che per  una ridotta mineralizzazione ossea possono essere a maggior rischio di fratture, ma è proprio negli ultimi mesi che leggiamo questo lavoro pubblicato su LANCET Diabetes & Endocrinology, tra le più prestigiose riviste di medicina, che sentenzia:” A nessuna dose la vitamina D è risultata protettiva contro le fratture” (dottnet 5.10.2018) “ Le linee guide cliniche che continuano a raccomandare l’uso di integratori di vitamina D per la salute delle ossa dovrebbero essere aggiornate e riflettere le migliori evidenze scientifiche oggi disponibili.”.  Queste significa che una carenza di vitamina D rende l’osso teoricamente più a rischio di frattura , ma che nella pratica dare Vit. D non riduce il rischio di “rompersi le ossa”.

Quando richiedere il dosaggio della VIT D e a chi.

Si dosa la 25(OH)D, esame convenzionato e che costa al SSN Euro 15.86.  Importante è eseguire i dosaggi sempre nello stesso laboratorio per ragionevolmente affidarsi sempre alla stessa metodica di analisi e avere risultati verosimilmente raffrontabili 

  • Non va richiesto come esame di routine o come screening.
  • Va richiesto per confermare un’ ipotesi diagnostica e per valutare il dosaggio da dare in base alla carenza ad inizio trattamento e nel follow up (in caso di utilizzo di metaboliti attivi, calcitriolo e alfacalcidiolo, non è indicato eseguire dosaggio di 25(OH)D, che non è modificato da questi composti).
  • In Persone tra 60-70 anni è indicato.
  • In persone oltre i 70 anni, nelle quali c’è statisticamente una carenza di circa il 100% , si può iniziare un trattamento senza necessità di effettuare il dosaggio.

Quando dare la vitamina D

Il fabbisogno di vitamina D varia da 1500 UI/die (adulti sani) a 2.300 UI/die (anziani). Può aumentare con l’età, la massa corporea, la massa grassa e l’apporto di calcio.

L’alimentazione in Italia fornisce circa 300 UI/die, quindi in caso di scarsa esposizione solare devono essere forniti supplementi per 1.200-2000 UI/die.

In caso di ipovitaminosi le linee guida SIOMMS suggeriscono il trattamento con 50.000 UI a settimana per 2-3 mesi. Tuttavia, può essere necessario un aumento della dose (soggetti obesi, trattamento con terapie che interferiscono con il metabolismo della vitamina D, malassorbimento intestinale, ecc.).

In caso di grave carenza si può arrivare a 1.000.000 UI nell’arco di poche settimane.

E’ bene ricordare che le linee guida sono suggerimenti che a cui il clinico può fare riferimento valutando di volta in volta in base al paziente, alla situazione, al contesto sociale e ambientale.

Il metabolita da utilizzare è in massima parte il colecalciferolo, in casi particolari, come l’insufficienza renale medio-grave, possono essere utilizzati il calcifediolo o i metaboliti attivi 1-alfacalcifediolo (1OH-vitamina D) e il calcitriolo [1,25(OH2) vitamina D].

La posologia va comunque adattata al grado di ipovitaminosi (carenza/insufficienza) e ai fattori di rischio per frattura, nel rispetto delle indicazioni della scheda tecnica del prodotto utilizzato.

Tabella 2: Prodotti a base di vit. D in commercio in Italia

Principi attivi Nome commerciale Somministrazione Rischio Ipercalcemia
Colecalciferolo Vit. D3 Dibase, AnnisterXarenel , etc Giornaliera, settimanale, mensile, trimestrale o anche più +
Ergocalciferolo Vit.D2 Non in elenco AIFA Bisettimanale, settimanale +
Calcifediolo(25OH -D) Didrogyl Giornaliera, settimanale ++
Calcitriolo Rocaltrol Giornaliera +++
Alfacalcidiolo Dediol,Diseon Giornaliera +++
Diidrotachisterolo Atiten Giornaliera +++

La vitamina D va normalmente somministrata per via orale in corrispondenza dei pasti, limitando la via intramuscolare ai soli pazienti con difficoltà alla deglutizione. In alternativa alla somministrazione giornaliera, per favorire la compliance è anche possibile ricorrere a boli settimanali o mensili, a parità di dose cumulativa. Dosi giornaliere di colecalciferolo inferiori a 800 unità internazionali sono generalmente inefficaci nella prevenzione delle fratture. D’altro canto, dosi elevate di vitamina D in unica somministrazione, ad esempio boli superiori a 100.000 unità di colecalciferolo, possono avere effetti potenzialmente negativi sulla salute dello scheletro, portando ad una inibizione paradossa della mineralizzazione ed aumentato rischio di fratture.

Anche la risposta individuale al trattamento può variare da soggetto a soggetto. Pertanto può essere indicato somministrare una supplementazione a dosi terapeutiche per qualche settimana, seguita da una dose di mantenimento a dosaggio ridotto, per evitare di ritornare in condizioni di carenza.

Dopo aver raggiunto i livelli normali di 25(OH)D, il dosaggio di mantenimento varia tra 800 e 2000 UI/die, in funzione dell’età e della esposizione solare.

Una variabile importante è la contemporanea assunzione di calcio. Poiché la vitamina D agisce aumentando l’assorbimento intestinale di calcio, un adeguato introito di calcio giornaliero è fondamentale ai fini della efficacia terapeutica.

Pertanto associare Ca e vitamina D ha un chiaro razionale ormai accertato (9). L’associazione calcio e vitamina D ha dimostrato un effetto medio di riduzione del rischio di frattura di femore del 18-21%, nettamente superiore a quello ottenuto con la sola Vit D (9).

La vitamina D è indicata solo per il trattamento di ipovitaminosi D documentata e come coadiuvante nella terapia di osteoporosi e osteomalacia.

Tutte le prescrizioni al di fuori di queste indicazioni sono off-label (non ammesse dall’AIFA organo di controllo del Ministero e quindi non riportate nel foglietto illustrativo) e pertanto non prescrivibili a carico del SSN.

Il Medico di Famiglia che la prescrive commette un reato, se non segue una precisa prassi autorizzativa da parte dell’ASL di riferimento ed il consenso informato del paziente, ed è sanzionabile anche amministrativamente per l’impropria prescrizione.

Sono studiati ulteriori funzioni e quindi utilizzo della vitamina D. Al momento non esistono dati che ne indichino un’effettiva utilità e soprattutto non esistono dati significativi circa il rapporto rischi benefici sempre da tenere presente quando si dà un farmaco.

Non sono quindi provati ed approvati per la prescrizione utilizzi per:

  • Effetto protettivo sull’endotelio vasale.
  • Prevenzione rischio cardio/cerebro/vascolare; bassi livelli di vit.D sembrano correlarsi con l’ ipertensione arteriosa.
  • Riduzione rischio di sviluppare insulino-resistenza e diabete mellito tipo 2 .
  • Prevenzione complicanze gravidiche e riduzione rischio di eclampsia e diabete gestazionale.
  • Effetto neuroprotettivo e antiinfiammatorio sul sistema nervoso centrale, e quindi per la
  • prevenzione del declino cognitivo, nelle demenze e nella depressione.
  • Prevenzione di alcuni tumori solidi, in particolare colon-retto, prostata, mammella e ovaio.
  • Effetto modulante dell’immunità, e quindi in caso di allergie e malattie autoimmuni .
  • Fibromialgia

Monitoraggio della terapia

In pazienti che assumono a lungo termine dosi giornaliere di almeno 1000 UI, dovrebbero

essere eseguiti dosaggi periodici, ad esempio due volte l’anno. Per il monitoraggio della terapia,

in caso di utilizzo di metaboliti non attivi è indicato il dosaggio periodico dei livelli di 25(OH)D e

di calcio serico e urinario. Invece in caso di utilizzo di metaboliti gia attivi (calcitriolo e 1

alfacalcidiolo) non è indicato eseguire dosaggio di 25(OH)D, che non è modificato da questi

composti.

Al contrario, poichè l’uso di metaboliti attivi comporta un effettivo rischio di ipercalcemia, è indicato effettuare un dosaggio del calcio serico e urinario, all’inizio del trattamento, dopo 7 e 30 gg dal trattamento, e successivamente ogni 3-6 mesi.

Indicazioni e problematiche prescrittive

Fermo restando la diffusa e reale carenza di vitamina D nella popolazione anziana italiana, vi

sono certamente ampie sacche di inappropriatezza, legate a prescrizioni non necessarie perchè

fuori dalle indicazioni approvate.

Molte problematiche prescrittive riguardo l’uso della vitamina D sono infatti dovute alle sue

indicazioni d’uso, che sono in effetti limitate e ben definite.

Conclusioni  (Giugno 2018. Somministrazione di vitamina D per la prevenzione dell’osteoporosi: una scelta basata sull’evidenza?) Gian Loreto D’Alò1, Marco Ciabattini1, Roberto Da Cas2 e Giuseppe Traversa2

1 Dipartimento di Biomedicina e Prevenzione, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”; 2Centro Nazionale per la Ricerca e la Valutazione Preclinica e Clinica dei Farmaci, Istituto Superiore di Sanità, Roma

Dichiarazione sui conflitti di interesse: Gli autori dichiarano che non esiste alcun potenziale conflitto di interesse o alcuna relazione di natura finanziaria o personale con persone o con organizzazioni che possano influenzare in modo inappropriato lo svolgimento e i risultati di questo lavoro.

Si stima che circa il 90% del fabbisogno di vitamina D si ottenga per sintesi a livello cutaneo grazie all’esposizione solare. Nell’impossibilità di consigliare una “dose” di esposizione solare sicura e al tempo stesso sufficiente a coprire il fabbisogno annuale, dato l’enorme numero di variabili in gioco (orario di esposizione, colore della pelle, superficie esposta, creme solari, stagione, ecc.), i principali organismi, tra cui NAM e SACN, hanno elaborato il fabbisogno di Vit. D in condizioni di esposizione solare minima. Nella vita reale, la maggior parte della popolazione si espone al sole per periodi adeguati a garantire livelli sierici sufficienti. Brevi sessioni estive di esposizione (circa 15 minuti 3 volte a settimana), anche delle sole aree del corpo solitamente scoperte (braccia, testa, collo), sarebbero sufficienti ad assicurare livelli sierici ≥20ng/ml.

Laddove i livelli di vitamina D circolante configurino una reale carenza, in pazienti con osteoporosi documentata o con pregresse fratture patologiche e in particolari gruppi a rischio, come gli anziani istituzionalizzati, dovrebbe permanere l’indicazione per la somministrazione del pro-ormone. Invece, l’introduzione di uno screening universale per stabilire i livelli di vitamina D circolante potrebbe portare al sovra-trattamento della popolazione sana, e non è quindi raccomandato. L’innalzamento dei valori sierici ottimali di vitamina D appare ingiustificato e potrebbe esporre senza beneficio una parte rilevante della popolazione alla supplementazione di vitamina D, con potenziali rischi individuali e aumento della spesa associati.

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