MINORITY REPORT – Processo all’intenzione di migrazione clandestina

La fantascienza, spesso ci racconta di mondi futuri governati da poteri autoritari nei quali in nome della sicurezza vengono azzerati diritti, anestetizzate emozioni. Prova a metterci sull’avviso. Minority Report (da noi avrebbe potuto chiamarsi processo all’intenzione), è un film di Spielberg del 2002. Si racconta del “Sistema del Precrimine” messo in piedi dal governo grazie al quale chiunque può essere arrestato e condannato per un reato che ancora non è stato commesso, ma solo preconizzato, previsto, immaginato, magari costruito ad arte…

Metti che nel caldo luglio di quest’anno tuo figlio, chiamiamolo Alessandro, ti dice: << mammà quest‘ anno mi vado a fare un viaggio in America. Un paio di mesi, voglio vedere come mi trovo.  Un amico mi ha detto che un cuoco come me potrebbe guadagnare un sacco di soldi. Chi sa, se è vero potrei decidere di farla questa esperienza!>>.

<<Alessà belle ‘e mammà, ma tu proprio non sai stare quieto!                               Ti sei girato già l’Europa, tieni un posto, guadagni bene, un sacco di gratificazione pure su Trip Advisor, mo’ come è che ti è venuto questa “nziria” dell’America?>>.

<< Mammà, ma proprio perché tengo una cosa di soldi e 25 anni voglio fare l’esperienza del “sogno americano”, il paese del diritto alla felicità. Mica vado in uno di quei posti pericolosi dove ci sta la guerra o odiano gli occidentali. Se queste cose non le faccio mo’ quando le faccio più. Eppoi mammà ci uccidi la salute da sempre tu e quello che facevi da giovane, e fammi campare pure a me!>>.

Così il giovane Alessandro 25enne, di famiglia piccolo borghese napoletana, diplomato alcuni anni fa all’alberghiero, cuoco di un accorsato ristorante nella zona flegrea, prende il suo visto turistico, la sua valigia, i suoi abiti firmati, telefonino, carte di credito, regalini per gli amici e parte con un Jet per l’America, Pittsburg in Penssylvania la sua destinazione. 

Per chi non fosse pratico, Pittsburgh è la città che ha aggiunto negli ultimi tempi ai tanti motivi per essere ricordata la citazione con la quale Donald Trump, presidente uscito fuori dalla pancia degli elettori americani, ha deciso di abbandonare gli accordi sul clima di Parigi: << Sono stato eletto per rappresentare il popolo di Pittsburgh, non quello di Parigi! >>. Di certo i sovranisti (ora così si dice, forse per un romantico rimpianto delle monarchie assolutiste o forse solo per il timore di richiamare alla memoria con il termine nazionalismo quelli tragici dei tempi andati) si saranno inorgogliti.

Otto ore, circa, il viaggio. Dopo quarantotto ore “mammà” non ha notizie. Poiché è una di quelle mamme napoletane che “esce da dentro al fuoco” contatta l’unità di crisi della Farnesina. Così mi racconta oggi, ancora in maniera concitata e un po’ disordinata. A proposito io sono il loro medico di famiglia. Viene a sapere che il ragazzo è stato fermato all’aereoporto per sospetto di immigrazione clandestina. L’ambasciata o il consolato italiana, non capisco bene, vengono allertati. Quello che ben comprendo e che i nostri diplomatici si dicono impotenti ad agire e ad interloquire con chicchessia perché è il 4 luglio, ironia della sorta, il giorno della Dichiarazione dei diritti di Indipendenza, l’INDIPENDENCE DAY .

Il ragazzo, racconterà, di essere stato fermato subito in aereoporto al controllo passaporti. Gli viene sequestrato lo smartphone, ispezionata la valigia, gli vengono ritirati i documenti. In americano, che non è inglese, di cui smozzica poche parole e ne capisce anche meno, gli viene chiesto di confessare che lui negli States è venuto a lavorare e non a fare il turista. Gli chiedono notizie su chi l’avrebbe ospitato, dove avrebbe alloggiato. Fornisce indicazioni e numero di telefono. Fanno la verifica, ma non basta. Viene portato in prigione, gli levano anche gli abiti in cambio gli danno una tuta da galeotto. Rimarrà in cella quarantotto ore, maltrattato e malnutrito. Viene sottoposto a vari interrogatori, durante i quali gli detto, sempre in americano, senza interprete, senza avvocato, che se vorrà tornare in Italia dovrà firmare una dichiarazione di colpevolezza. L’alternativa un processo e la galera. Il ragazzo è terrorizzato decide di firmare tutto pur di uscire dall’incubo. Solo allora viene chiamato un interprete. Mai un avvocato, mai un diplomatico italiano. Gli ridanno valigia, smartphone, soldi carte di credito e passaporto con un timbro che gli impedirà di ritornare negli USA prima di sette anni, ma anche di sorvolare i cieli statunitensi per sette anni: pena la galera immediata. Naturalmente ritirato il visto turistico. Addio vacanza! Aveva ragione mammà!

Finalmente i diplomatici italiani si fanno vivi con i parenti. Avvertono che il ragazzo sta tornando e confidano alla madre che ha fatto bene ad acconsentire a quello che gli americani chiedevano, così si è potuto risolvere tutto rapidamente e per il meglio, senza incidenti. Il clima morale, culturale e politico questo è!

Mammà, però, come detto esce “a dinto ‘o fuoco” e non vuole farla passare liscia a chi gli ha ridotto il figlio una “mappina”.

Telefona al fratello, lavora in uno dei più prestigiosi quotidiani italiani. Però non ne riceve conforto. L’attenzione dello zio, come dei molti a cui ho raccontato la storia e forse dei tanti che mi leggeranno, non va alla violenta sospensione dei diritti di un libero cittadino, non solo innocente fino a prova contraria, ma considerato colpevole senza un reato. L’attenzione del benpensante e dei benpensanti va alla  possibilità che il ragazzo realmente volesse provare a lavorare lì. Inutile dire che il signor zio in alcun modo, sinceramente, avverte la contiguità con una cultura “sovranista”, giustizialista e soprattutto razzista. Eppure …

 Mammà si incazza ancora di più. Decide di fare causa per il trattamento subito dal figlio. Non so contro chi, né come. Qui si ferma il racconto che mi ha fatto ieri al telefono.  Le ho premesso che avrei fatto girare questa storia dovunque potessi. Mi prendo cura della Salute di oltre 1500 persone, dove per Salute non intendo solo la mancanza di malattie, ma la possibilità per tutti di vivere una vita dignitosa per tutti, che per nessuno può essere Sana in assenza di diritti. A questo ragazzo di certo la “Salute” gliela hanno levata!

La cronaca di quei due giorni racconta di diritti violati, di un potere arrogante e prevaricatore che dovrebbe agire per conto e nel nome del popolo, lui si, sovrano. Un popolo che conquistato il diritto di garantirsi da qualsiasi autoritarismo attraverso un insieme di leggi, il cui punto più alto sono le Costituzioni. Quelle andrebbero difese a costo della vita e non banalizzate da laidi imbecilli razzisti che si arrogano il diritto di cambiarle.

Mi chiedo il nostro governo sovranista e populista si muoverà per rendere giustizia al giovane Alessandro? Da come si è mossa la diplomazia italiana c’è poco da sperare. Ancora, a distanza di qualche anno, sento personaggi, che si considerano al di sopra della legge, cianciare di “giudici di sinistra”, di giudici non eletti dal popolo, nel silenzio dei giustizialisti di ieri mattina. Forse bisognerebbe insegnare (non ricordare, ma proprio insegnare, perché dubito che siano in tanti a saperlo) che la divisione dei poteri esiste a garanzia contro la dittatura.

C’è poco da stare allegri! Allora tutti in campana! Siamo tutti potenzialmente colpevoli se serve, e, mamme care, i vostri figli potenziali reoconfessi.

Anche io confesso mi sento clandestino in questa Italia che vota lega e tifa Salvini, che considera stranieri tutti gli altri popoli d’Europa e delinquenti tutti i migranti del mondo.