Quanto costa un sorriso?

Io faccio il medico di famiglia, e come uno di famiglia, vivo gioie e dolori di tanti di cui divento proprietà, ‘o miereco mio! Quello che sempre più mi angustia negli ultimi anni (sarà la vecchiaia?) è la condizione di rassegnata infelicità a cui si sono adattate troppe persone di cui mi prendo cura. Alcune di queste la felicità non l’anno nemmeno incontrata, anche solo per un attimo. Penso allora, comunque la si pensi, all’opera consolatoria delle religioni che un’altra possibilità te la danno. Penso però, soprattutto, alla bellezza della “Dichiarazione d’indipendenza Americana”, 4 luglio 1776: «a tutti gli uomini è riconosciuto il diritto alla vita, alla libertà, e al perseguimento della felicità». A questo diritto al perseguimento della felicità ha dedicato uno dei suoi ultimi articoli il grandissimo Umberto Eco (http://espresso.repubblica.it/opinioni/la-bustina-di-minerva/2014/03/19/news/il-diritto-alla-felicita-1.157770 2/2 26 marzo 2014). Amara la conclusione del suo articolo. “… Raramente pensiamo alla felicità quando votiamo o mandiamo un figlio a scuola, ma solo quando comperiamo cose inutili, e pensiamo in tal modo di aver soddisfatto il nostro diritto al perseguimento della felicità. Quando è al contrario che, siccome non siamo delle bestie senza cuore, ci preoccupiamo della felicità degli altri? Quando i mezzi di massa ci presentano l’infelicità altrui, negretti che muoiono di fame divorati dalle mosche, ammalati di mali incurabili, popolazioni distrutte dagli tsunami. Allora siamo persino disposti a versare un obolo e, nei casi migliori, a impegnare il cinque per mille. È che la dichiarazione d’indipendenza avrebbe dovuto dire che a tutti gli uomini è riconosciuto il diritto-dovere di ridurre la quota d’infelicità nel mondo, compresa naturalmente la nostra, e così tanti americani avrebbero capito che non devono opporsi alle cure mediche gratuite – e invece vi si oppongono perché questa idea bizzarra pare ledere il loro personale diritto alla loro personale felicità fiscale”.  Ecco che allora diritto alla Salute e diritto alla felicità diventano un tutt’uno. Difficile si possa essere felici senza salute, che come è risaputo non è solo l’assenza di malattie, ma la possibilità per tutti avere la possibilità di una vita quantomeno dignitosa. Occuparsi di Salute però è politicamente rischioso, perché vorrebbe dire per chi governa dare risposte concrete e strutturali ai tantissimi problemi che avvelenano l’esistenza di sempre più larghi strati di popolazione. Meglio occuparsi di malattie, di emergenze, epidemie. Il Mercato gira meglio, le responsabilità politiche mitigate da istituzioni scientifiche e sanitarie che, sempre meno autorevoli, possono diventare autoritarie e dettare le regole della “Cura” che evita accuratamente “il prendersi cura”. Ecco che allora in qualsiasi campo la prevenzione è disciplina negletta. Quella che ti evita la malattia, l’incidente stradale, i danni da inondazione, la caduta di un ponte etc. Meglio investire in altro.  Tutto questo lungo “paraustiello” per arrivare a dire che sabato 23 settembre siamo riusciti con grandi difficoltà, creatici da politici e istituzioni, a portare a termine una giornata per la Salute.  “10000 passi per la Salute” dei … diversamente giovani. Prevenzione primaria.  In effetti la passeggiata veloce era dedicata agli ultra sessantacinquenni, ma è venuto chi ha voluto. Era una festa in cui ci si può imbucare. L’abbiamo fatto nel Parco della Conoscenza e del Tempo libero, ex Nato di Bagnoli, che dovrebbe essere patrimonio dei cittadini e che invece è solidamente nelle mani di una fondazione mista pubblico/privato che ne governa abbastanza rigidamente l’ingresso per difenderne gli interessi. In una società in cui tutto deve avere un costo, un prezzo, l’abbiamo fatto senza fare spendere soldi a nessuno. E’ stato allora un progetto senza valore?

Per don Giovanni, 91 anni, e per Maria, 86 anni, i più diversamente giovani del gruppo, quella giornata ha avuto un valore enorme. L’ hanno concretizzato in un sorriso. La gioia di essere stati protagonisti per un’ora li accompagnerà per giorni, li arricchirà di una salute che forse compenserà in parte dei soldi spesi in integratori con cui gli si fa credere di potere comprare il tempo che passa. Per me e per i tanti che hanno collaborato, tra cui i giovani “maestri” dello sport dell’associazione Itaca, il guadagno è stato enorme: emozioni, consapevolezza di essere nel giusto nel fare cose che alimentano la speranza. Felicità. Dice Saviano, sempre sull’ Espresso nell’ articolo “Si può essere felici in Italia” (http://espresso.repubblica.it/opinioni/l-antitaliano/2017/06/28/news/si-puo-essere-felici-in-italia-1.305221 1): “… Perché per me la felicità non è un affare privato, ma coinvolge tutti. Dovrebbe coinvolgere tutti.” Sono d’accordo e qui mi fermo.

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